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Visualizzazione dei post da ottobre, 2022

Dolors Dinarès: CREIAMO SPAZI DI DIALOGO NELLE NOSTRE CITTA'

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Dolors Dinarès TESTO IN ITALIANO, INGLESE E FRANCESE Per dialogare occorre una conversione che consiste nel gettare uno sguardo amorevole sugli altri.  Dialogare è specchiarsi, non metaforicamente, negli occhi degli altri. Più che di nuove definizioni del dialogo, diventa urgente che ci siano spazi concreti in cui esso possa praticarsi e, ancora di più, nei quali possiamo allenarci. In questo modo saremo capaci non soltanto di cogliere come dialogano gli altri, ma di mettere in pratica le capacità comunicative di ciascuno, in un clima di rispetto reciproco. Soltanto se pratichiamo il dialogo in maniera frequente e sistematica – soprattutto con quelle persone che la pensano molto diversamente da noi – possiamo allenarci per fare della comunicazione uno spazio di crescita ed arricchimento mutuo, e per fare dei conflitti non un problema, ma un opportunità per trasformare la realtà sociale…In tal modo il dialogo non cancella le identità, e costruisce un’identità collettiva…condizione

EDOUARD GLISSANT: RIVENDICO IL DIRITTO ALL'OPACITA'

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Edouard Glissant (1928-2011)   “Le radici non sprofondano nel buio atavico delle origini, alla ricerca di una pretesa purezza, ma si allargano in superficie come rami di una pianta, a incontrare altre radici e a stringerle come mani.” “Ogni realtà è un arcipelago; vivere e scrivere significa errare da un isola all’altra, ognuna delle quali diventa un po’ la nostra patria. Ogni identità esiste nella relazione, è solo nel rapporto con l’altro che cresco, senza snaturarmi. Ogni storia rinvia a un’altra e sfocia in un’altra.” “Rivendico il diritto all’opacità, ossia a non essere compreso totalmente e non comprendere totalmente l’altro. Ogni esistenza ha un fondo complesso ed oscuro che non può e non deve essere attraversato dai raggi X di una pretesa conoscenza totale. Bisogna vivere con l’altro e amarlo, accettando di non poterlo capire a fondo e di poter essere capiti a fondo da lui”. Eduard Glissant Scrittore da Claudio Magris, Scoprire le radici per aprirsi al mondo, Corriere della ser

Raffaella Bellucci Sessa: LA PERSONA AL CENTRO DELLE RELAZIONI

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Raffaella Bellucci Sessa Umanesimo per me vuol dire mettere la persona al centro della relazione...Noi spesso consumiamo  le relazioni nella distrazione facendo mille cose tutte contemporaneamente. Per me umanesimo vuol dire  mettere l'altro, la persona, al centro. Raffaella Bellucci Sessa   Un apertura a 360°  dagli atti del  Convegno Umanesimo Dialogo fraternita eredità di C. Lubich. Castelgandolfo 1-3 aprile 2011

Silvano Lancerotto: Il dubbio come ricerca continua

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Silvano Lancerotti testo in italiano e francese Nella ricerca del dialogo tra persone di diverse culture e di diversa collocazione ideale, ho faticato molto ad enucleare un concetto, una parola, magari, che evidenziasse con sufficiente chiarezza l'approccio degli altri con me e viceversa. Parrà strano ma sono arrivato solo di recente a formularla e potrà apparire, nell'immediato, deludente. La parola chiave è "dubbio". Il dubbio non come incertezza del pensiero e dell'umano agire, ma come forza viva, come momento di ricerca continua e mai soddisfatta. Sia lode, quindi, al dubbio, come diceva in una poesia Bertold Brecht: è dal dubbio che è nata la mia disponibilità al dialogo, quando invece per lungo tempo era stata la certezza ideologica il cemento di ogni mio comportamento. Io però non chiedo agli altri di dubitare, chiedo che il dubbio sia visto come valore reale e venga accettato chi dubita. SILVANO LANCEROTTO in francese Dans la recherche du dialogue entre pe

Pasquale Lubrano lavadera: NON C'E' TEMPO CHE SI PERDE

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  La nostra vita è come una serie di anelli che si saldano a poco a poco, legando così passato, presente e futuro: la realtà esiste solo nel presente, ma il passato lo ha preparato. Ritorno indietro allora per afferrare la radice del presente e non per nostalgia del tempo perduto, anche perché non c'è tempo che si perde, ma solo una realtà che si costruisce, e ogni particolare di ieri diventa quel mattone che ha contribuito a realizzare la mia esperienza di oggi. Pasquale Lubrano Lavadera [Pasquale Lubrano Lavadera, Cerco un paese innocente- Il sogno di Giovanni Parolin, Città Nuova 2011]

EDITH BRUCK: NESSUN SENTIMENTO DI VENDETTA

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Edith Bruck Non ho sentimenti di rivalsa o di vendetta. Io abbraccerei il mondo, ogni essere umano va rispettato e accettato per quello che è. Non dico tollerato perché detesto questa parola. Se uno crede davvero, non può dire che Dio ha preferito questo o quello. Credere è qualcosa di molto serio e di interiore, non mi piace mischiare Dio in nessun misfatto dell'uomo, eppure abbiamo visto che nel nome di Dio si uccidono milioni di persone. EDITH BRUCK [Da Roberto Zichitella, "La guerra ci fa regredire, a colloquio con la scrittrice Edith Brick", Famiglia cristiana 24 aprile 2022]

ENRICO GALIANO: UNA SCUOLA PER TUTTI

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MARIO POMILIO: ABBATTERE GLI STECCATI

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  Mario Pomilio  Tutte le volte che vedo usata l'espressione "cultura cattolica" provo, francamente, un moto di disagio e mi tornano in mente le parole che scrisse De Gasperi a Spadolini nel ringraziarlo dell'omaggio di "L'opposizione cattolica: "Quanti steccati! Quanti steccati ancora da abbattere!" Gli steccati ai quali alludeva De Gasperi erano quelli elevati all'indomani della presa di Roma, quando i cattolici preferirono chiudersi in una sorta di apartheid e, rifiutando di considerarsi cittadini del giovane Stato unitario, attesero a creare una specie di stato nello Stato. Si trattò di una grossa occasione storica mancata, come è ormai generalmente riconosciuto, e dalla quale derivò una serie di altri malanni specifici del contesto italiano. Quale invece avrebbe potuto essere il cammino della nostra unità coi cattolici non schierati a difesa del potere temporale e invece a servizio dell'intera comunità, e ansiosi alla pari sia di un ri

FERNANDO ARAMBURU: AL PRIMO POSTO L'ESSERE UMANO

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Fernando Aramburu La letteratura può essere una cura all'odio. Per me lo è stata. Mi sono salvato grazie ai libri...Leggevo compulsivamente da ragazzo, ma devo la mia formazione umanista a Albert Camus. La sua idea di "uomo in rivolta" è un antidoto al totalitarismo. Mi ha insegnato a rigettare ogni violenza come atto immorale, e a mettere sempre al primo posto l'essere umano. Camus dice una cosa in fondo semplicissima; non si può migliorare la società recando danno agli altri...Ho appreso da Camus a vivere pacificamente. L'odio è una pulsione umana naturale, per combatterlo va abbracciata una prospettiva democratica. Bisogna mettere in campo cultura, educazione, rispetto, creare spazi di civilizzazione. Guardiamo la guerra in Ucraina, purtroppo lì si sta consumando un'enorme tragedia collettiva, generata dal sentimento di superiorità di un capo di Stato che si sente legittimato alla violenza...I nazionalisti ritengono il proprio paese una proprietà da difend

Sindrome di Down:"Come spiegare ai bambini la diversità" di Martina Fuga

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In un colloquio con gli insegnanti di Emma ci siamo chiesti come spiegare ai compagni della sindrome di Down. Dal primo giorno gli insegnati hanno cercato di trasmettere  il concetto che Emma non è una bambina diversa dagli altri, ma abbiamo capito che non funziona . Come non funziona? Emma non è una bambina diversa dagli altri, perché non funziona? Non funziona perché i bambini sono più intelligenti di noi e vedono che è diversa: è diversa perché parla in modo strano, perché ha dei tratti somatici particolari, e perché fa più fatica di loro in moltissime cose, quasi tutte, infine è diversa perché viene gestita dagli insegnanti in modo diverso. I compagni lo dicono chiaramente: “ Ci dici che è come noi, poi tu la tratti in modo diverso : hai più pazienza, quando combina qualche pasticcio le dai tre avvertimenti invece di uno prima di metterle una nota o darle una punizione, quando ci fa un dispetto dobbiamo capire, ci può mettere più tempo a mangiare o a tornare dal bagno…”  Pi

ANNA MARIA ORTESE: NE' SERVO NE' PADRONE

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  Anna Maria Ortese (1914-1998) “L’uomo vive avulso dalla Natura, in questa grande casa passa come un servo o un padrone, quasi mai come un figlio o un fratello. E, invece, tutto ciò che tocchiamo è meravigliosamente vivo e permeato della sensibilità e dolcezza dello Spirito che ha generato l’Uomo: un cavallo, un uccello, una farfalla, e persino la vipera e l’orrido rospo, non sono, in diversa maniera, meno rispettabili dell’uomo. Essi palpitano. Chi è che palpita in essi, se non lo stesso Dio che ci rende coscienti? Alcuni non vogliono chiamarlo Dio. Lo chiamino come vogliono: è evidente che tutto ciò che vive è espresso da quest’Uno, che nei momenti più alti della vita si chiama Intelligenza, ma più spesso non è che sensibilità, e non bisogna offenderlo e tormentarlo, ma dedicargli rispetto e tenerezza infinita”. Anna Maria Ortese [da Anna Maria Ortese, Le piccole persone, Adelphi]

CHIARA LUBICH: Agli uomini del nostro tempo

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Chiara Lubich incontra i Politici europei Chi può pensare una convivenza umana senza i valori della solidarietà, della pace, dell'unità, ma anche dei diritti umani, della giustizia, della libertà e della vita. Essi sono sempre attuali, perciò vanno riproposti agli uomini del nostro tempo, rivitalizzati da nuove motivazioni. Ed è ciò che vogliamo fare tutti insieme. Chiara Lubich Dal messaggio  al Convegno In dialogo per un mondo più unito , con gli amici di convinzioni non religiose,  1997

Pavel Florenskji: Vivere bene il presente

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Pavel Florenskji (1882-1937) “Se la vita in genere ha senso e valore, dimenticare il passato è ingratitudine e insensatezza, poiché tutto diventa passato, allora tutta la vita, tirate le somme, dovrebbe rivelarsi uno zero. E’ attraverso  il flusso della memoria che scaturisce quella forma originaria della cultura che trasforma il passato in eterno presente, in sguardo sapiente verso il futuro... e che abbiamo l’obbligo di trasmettere ai figli, ai nipoti…Nel momento presente della vostra vita fate  ogni cosa perfettamente, con cura e precisione; che il vostro agire non abbia niente di impreciso; non fate niente senza provare gusto, in modo grossolano.” Pavel Florenskji

SE TUTTE LE MAMME DEL MONDO SCENDESSERO IN PIAZZA CONTRO LA GUERRA!

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  Da migliaia e migliaia   di anni   le società sono state formate e dominate dal principio della dominazione. Effetto primo di tale principio il conflitto interpersonale e i conflitti tra gli Stati regolati dalle guerre, ritenute da millenni strumento necessario; i libri di storia ne sono testimonianza. Quello che è avvenuto in Russia ultimamente è un elemento nuovo di grande forza morale che ci fa sperare. E' infatti la prima volta che le madri scendono in piazza per condannare apertamente la guerra. Gridano: Ridateci i nostri figli. E ne hanno diritto, perché la guerra - se ci riflettiamo bene - è un assurdo omicidio di massa legalizzato. Risolvere problemi di dominazione e di aggressione mandando a combattere milioni di uomini per uccidersi a vicenda è quando di più disumano possa esserci. Lo gridava con forza nell’800 Lamartine nel parlamento francese, nel mentre sia la destra che la sinistra lo vessavano con ingiurie calunniose. Lo hanno ripetuto nel 900 sia   Igino G

Un giorno l'asino di un contadino cadde in un pozzo

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Un giorno l'asino di un contadino cadde in un pozzo. Non si era fatto male, ma non poteva più uscire. Il povero animale continuò a ragliare sonoramente per ore. Il contadino era straziato dai lamenti dell'asino, voleva salvarlo e cercò in tutti i modi di tirarlo fuori ma dopo inutili tentativi, si rassegnò e prese una decisione crudele. Poiché l'asino era ormai molto vecchio e non serviva più a nulla e poiché il pozzo era ormai secco e in qualche modo bisognava chiuderlo, chiese aiuto agli altri contadini del villaggio per ricoprire di terra il pozzo. Il povero asino imprigionato, al rumore delle palate e alle zolle di terra che gli piovevano dal cielo capì le intenzioni degli esseri umani e scoppiò in un pianto irrefrenabile. Poi, con gran sorpresa di tutti, dopo un certo numero di palate di terra, l'asino rimase quieto. Passò del tempo, nessuno aveva il coraggio di guardare nel pozzo mentre continuavano a gettare la terra. Finalmente il contadino guardò ne

Don LORENZO MILANI: A SCUOLA NESSUNO DAVANTI AGLI ALTRI

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Barbiana 1958: Dialogo in aula, il ragazzo sulla destra è Michele Gesualdi La scuola di Barbiana: una scuola che si impone, fin dai primi passi, con l'attraente novità di rompere i vecchi schemi e tenere insieme seduti allo stesso tavolo, credenti e non credenti, militanti di partiti e sindacati diversi, uniti dalla voglia del sapere e dal desiderio di riscatto sociale. Fatto sconvolgente per un epoca in cui si elargivano distintivi da mettere all'occhiello per marcare le differenze... Un giorno un ragazzo di solida famiglia cattolica criticò don Lorenzo Milani dicendogli: "Ma lei insegna anche a chi è comunista e dichiarato nemico della Chiesa. Lui rispose: "Io insegno il bene e ad essere una persona migliore, se poi continuerà ad essere comunista, sarà un comunista migliore". All'accusa di aver diviso il popolo, replicava: "Io non l'ho diviso, ma l'ho trovato già diviso. Ho soltanto scelto da che parte stare, mi sono schierato da

Margaret Mead: Nessun animale sopravvive a una gamba rotta

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Margaret Mead (1901-1978) testo il italiano, inglese e francese “Uno studente chiese all’antropologa Margaret Mead quale riteneva fosse il primo segno di civiltà in una cultura. Lo studente si aspettava che Mead parlasse di ami, pentole di terracotta o macine di pietra. Ma non fu così. Mead disse che il primo segno di civiltà in una cultura antica era un femore rotto e poi guarito. Spiegò che nel regno animale, se ti rompi una gamba, muori. Non puoi scappare dal pericolo, andare al fiume a bere qualcosa o cercare cibo. Sei carne per bestie predatrici che si aggirano intorno a te. Nessun animale sopravvive a una gamba rotta abbastanza a lungo perché l’osso guarisca. Un femore rotto che è guarito è la prova che qualcuno si è preso il tempo di stare con colui che è caduto, ne ha bendato la ferita, lo ha portato in un luogo sicuro e lo ha aiutato a riprendersi. Mead disse che aiutare qualcun altro nelle difficoltà è il punto preciso in cui la civiltà inizia. Noi siamo al nostro meglio quan

Massimo Toschi: Guerra e politica

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Massimo Toschi C’è un cinismo della politica, che mette al primo posto le proprie strategie rispetto alla vita delle persone. Questo vale per Hamas, che costruisce le sue caserme là dove ci sono le abitazioni civili, e che lancia i missili kassam per scatenare la reazione di Israele a protezione del suo popolo. Questo vale per Israele, che dopo aver sfiorato l’accordo con Abu Mazen, si è di nuovo rifugiata nella sindrome del Libano…L’azione militare su Gaza è segno di una grande impotenza, non di una grande politica. Quando ci si affida a raid aerei devastanti, non si guadagna nulla in termini politici, ma si semina quell’odio, che poi ha bisogno di generazioni per essere superato. Ho conosciuto i bambini di Gaza. Quelli malati, che ho visitato nei loro ospedali. Non so dove sono in queste ore. Forse qualcuno è stato ucciso, forse qualcuno è stato ferito, forse qualcuno ha la casa distrutta. Ma tutti, tutti mi hanno sempre chiesto la salute, la pace, la scuola, la vita felice con le

ANNA MARIA ORTESE A ELSA MORANTE: L'ISOLA COME PATRIA E COME SALVEZZA

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  Elsa Morante (1912-1985) Quando Anna Maria Ortese ricevette il Premio “Procida-Isola di Arturo-Elsa Morante”, non potendo essere presente alla cerimonia inviò in messaggio ai procidani, in cui ricordando il giorno in cui aveva incontrato per la prima volta Elsa Morante, ne sottolineò la genialità e il dono generoso offerto alla letteratura europea con le sue opere, e infine rivolgendosi a lei come se fosse ancora presente nell’isola, rivivendo forse la difficile e complessa sua esistenza, osò dirle: «Non dispiacerti più, Elsa, di tutte le cose passate. Ora non danno più male, ora non accadranno più. E resta, per favore con noi, stasera; fai festa alla tua fanciullezza e alla tua gioventù spaventata. Sei in Patria. Tristezza e paura non ci sono più. Molti amici e anche questo mare ora ti difendono, ora per sempre ti vegliano e ti amano». La Ortese, quella sera, consegnava Elsa Morante ai procidani e a quel mare dove lei riposava come una figlia amata. Ancora una volta l’isola come Pa