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Visualizzazione dei post da agosto, 2011

50 anni fa l'Accattone di Pier Paolo Pasolini

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una scena del film Accattone Il dato più innovativo e sconcertante dell’esordio cinematografico del poeta e intellettuale Pier Paolo Pasolini sono i personaggi che attraversano i luoghi senza abitarli, senza viverli, come fossero davvero gli sfondi di un dipinto.Questa frontalità, però, richiama anche il cinema muto, fonte d’ispirazione del nuovo regista per sua stessa ammissione. Il cinema con la sua trasparenza disarmante, e il poeta con in mano una cinepresa che per lui è ancora un mistero, diventano quindi un’alchimia perfetta per l’intellettuale ossessionato dall’incombere della società dei consumi. Che non ha trovato nella politica risposte sufficienti per sé e per gli altri. E che ora vuole lasciarsi andare a una risposta personale tutta poetica, finalmente libero dai vincoli di un’ideologia precostituita. Il cinema, da questo momento in poi, sarà per Pasolini il territorio franco dove far convivere tutte le sue contraddizioni, e dare ampio sfogo a quella permeabilità di

La fratellanza universale

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Sappiamo bene che i migliori principi e le migliori leggi si basano sui loro rispettivi valori, e che questi vanno sostenuti dal consenso attivo di tutti, altrimenti restano lettera morta. La stessa Dichiarazione universale dei diritti umani, del 10 dicembre 1948, si autodefinisce come un “Ideale da raggiungere”, non essendo dotata di poteri coercitivi. Faccio un esempio: l’art.1 della Dichiarazione universale dice: “Tutti gli esseri umani nascono liberi ed uguali, sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire fra loro in spirito di fratellanza”. Questo è un caso evidente di diritti accettati ma largamente disattesi, in quanto i relativi valori e ideali non sono praticati sufficientemente. Di quel libertà gode, infatti, quel miliardo di persone che non ha niente per nutrirsi, di quale uguaglianza chi ha meno di un dollaro al giorno rispetto a chi – e siamo noi occidentali – ne ha 70? Di quale ragione può servirsi chi non ha accesso ad alcun tipo di istruzione, come

Gandhi, un idealista pratico

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La religione di Gandhi fu una religione razionale ed etica. Egli non avrebbe accettato alcuna fede che non facesse appello alla ragione, né alcun precetto che non riscuotesse l’approvazione della coscienza. Un aspetto fondamentale, della concezione etico-politica di Gandhi, è rappresentato da un profondo rispetto per la dignità e l’autonomia dell’individuo e, in particolare, un’altrettanta profonda fede nella sua umanità, intesa come capacità di rispondere in modo positivo all’appello della ragione e del cuore. Per Gandhi la suprema considerazione non è solo l’uomo, l’individuo che egli erige a misura della verità, bensì l’umanità intera, senza distinzioni di razza o classe, nazione o religione: “Tutte le mie azioni hanno principio dal mio inalienabile amore per l’umanità: lavoreremo per l’unità del genere umano”. Da queste parole scaturisce naturalmente l’adozione della non violenza come scelta per risolvere problemi e conflitti sia a livello individuale che sociale. Ga