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Visualizzazione dei post con l'etichetta letteratura

ANNA MARIA ORTESE: NE' SERVO NE' PADRONE

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  Anna Maria Ortese (1914-1998) “L’uomo vive avulso dalla Natura, in questa grande casa passa come un servo o un padrone, quasi mai come un figlio o un fratello. E, invece, tutto ciò che tocchiamo è meravigliosamente vivo e permeato della sensibilità e dolcezza dello Spirito che ha generato l’Uomo: un cavallo, un uccello, una farfalla, e persino la vipera e l’orrido rospo, non sono, in diversa maniera, meno rispettabili dell’uomo. Essi palpitano. Chi è che palpita in essi, se non lo stesso Dio che ci rende coscienti? Alcuni non vogliono chiamarlo Dio. Lo chiamino come vogliono: è evidente che tutto ciò che vive è espresso da quest’Uno, che nei momenti più alti della vita si chiama Intelligenza, ma più spesso non è che sensibilità, e non bisogna offenderlo e tormentarlo, ma dedicargli rispetto e tenerezza infinita”. Anna Maria Ortese [da Anna Maria Ortese, Le piccole persone, Adelphi]

ANNA MARIA ORTESE A ELSA MORANTE: L'ISOLA COME PATRIA E COME SALVEZZA

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  Elsa Morante (1912-1985) Quando Anna Maria Ortese ricevette il Premio “Procida-Isola di Arturo-Elsa Morante”, non potendo essere presente alla cerimonia inviò in messaggio ai procidani, in cui ricordando il giorno in cui aveva incontrato per la prima volta Elsa Morante, ne sottolineò la genialità e il dono generoso offerto alla letteratura europea con le sue opere, e infine rivolgendosi a lei come se fosse ancora presente nell’isola, rivivendo forse la difficile e complessa sua esistenza, osò dirle: «Non dispiacerti più, Elsa, di tutte le cose passate. Ora non danno più male, ora non accadranno più. E resta, per favore con noi, stasera; fai festa alla tua fanciullezza e alla tua gioventù spaventata. Sei in Patria. Tristezza e paura non ci sono più. Molti amici e anche questo mare ora ti difendono, ora per sempre ti vegliano e ti amano». La Ortese, quella sera, consegnava Elsa Morante ai procidani e a quel mare dove lei riposava come una figlia amata. Ancora una volta l’isola com...

Paolo Cognetti: La bellezza delle montagne

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Paolo Cognetti Forse è vero, come sosteneva mia madre, che ognuno di noi ha una quota prediletta in montagna, un paesaggio che gli somiglia e dove si sente bene. La sua  era senz'altro il bosco dei 1500 metri, quello di abeti e larici, alla cui ombra crescono il mirtillo, il ginepro e il rododentro, e si nascondono i caprioli. Io ero più attratto dalla montagna che viene dopo: prateria alpina, torrenti, torbiere, erbe d'alta quota, bestie al pascolo. Ancora più in alto la vegetazione scompare, la neve copre ogni cosa fino all'inizio dell'estate e il colore prevalente è il grigio della roccia, venato dal quarzo e intarsiato dal giallo dei licheni. Lì cominciava il mondo di mio padre. Dopo due o tre ore di cammino i prati e i boschi lasciavano il posto alle pietraie, ai laghetti nascosti nelle conche glaciali, ai canaloni solcati dalle slavine, alle sorgenti di acqua gelida. La montagna si trasformava in un luogo più aspro, inospitale e puro: lassù lui diventava felice. R...

GIUSEPPE LUPO: SCRIVO PER METTERE ORDINE DENTRO DI ME

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  Intervista a Giuseppe Lupo      Tra i giovani scrittori italiani Giuseppe Lupo è una delle voci più incisive   della nostra letteratura. Affascinato dalla modernità e dalle trasformazioni antropologiche. ha guardato con attenzione la civiltà industriale   e il mondo contemporaneo in tutte le sue sfaccettature, fermando lo sguardo sulle vicenda esistenziale dell'umanità più varia, entrando con grande capacità introspettiva   negli ultimi decenni con i due ultimi romanzi Gli anni del nostro incanto e   Breve storia del mio silenzio .  Storie emblematiche segnate da malinconia e speranza,   dove   il soggetto predominante resta sempre la famiglia, fino ad ieri porto sicuro, ora invece segnata da evidenti crepe. Ma, pur nelle debolezze del presente, nulla è perduto per sempre.   Giuseppe Lupo ci consegna pagine intrise di memoria evocativa e riabilitante, in un intreccio spesso iperbolico di quadri   indimenticabili: r...

Antoine Compagnon: Perché leggere?

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Antoine Compagnon Per me la letteratura, o la lettura,  è innanzitutto evasione, piacere, esplorazione di nuovi mondi ai quali, per quanto si possa viaggiare, non si avrebbe accesso. Quello letterario è un testo in cui non ci si sente immediatamente a casa, a cui ci si deve abituare poco a poco, fin quando non diventa familiare. Ma è anche un testo che, ogni volta che lo si riapre, comunica un sentimento di spaesamento perché si vene colpiti da altri paesaggi e si scoprono nuovi percorsi. Sì, per me i grandi libri sono degli spazi, dei mondi di cui ricominciamo ad ogni lettura a studiare la geografia o, più precisamente, la “geometria”. Perché leggere? Per vivere meglio, per amare meglio e, senza dubbio, per morire meglio. Antoine Compagnon da  Benedetta Craveri, Cara  modernità, quanto ti odio, Il Venerdì di Repubblica  22 dicembre 2017

Daniel Pennac: I segreti della letteratura per l'infanzia

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Daniel Pennac Quando raccontiamo una storia ai bambini, non facciamo altro che rispondere al loro ontologico bisogno di mitologia...Le storie consentono loro di appropriarsi di un universo di miti e narrazioni necessario alla costruzione dell'identità e ad affrontare l'esperienza della vita... E non è vero che ai piccoli si debbano raccontare  solo storie semplici e brevi: si possono proporre loro anche storie di grande respiro...La scrittura per i piccoli è il risultato di un'alchimia misteriosa, nella quale lo scrittore cerca di conservare la propria voce specifica, le proprie peculiarità di narratore, ma mettendosi al livello di destinatari speciali, nei confronti dei quali bisogna evitare di essere pedanti e didascalici. Per raccontare una storia ai più piccoli, occorre trovare le parole, la musica e il tono giusti. Nella letteratura per l'infanzia le frasi infatti sono meno complesse e con meno subordinate, ma proprio per questo bisogna scegliere con più atten...

MORENO ORAZI: "Ho letto RITROVARCI NELLA BRASSERIE LIPP"

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Ho letto recentemente  Ritrovarci nella Brasserie Lipp (IOD edizioni) di Pasquale Lubrano Lavadera. Biografia-romanzo del rapporto tra Marino Moretti e Juliette Bertrand. È il secondo libro che leggo di questo particolare genere letterario . Il penultimo è stato M il figlio del secolo di Scurati. In passato ho letto delle autobiografie che sono tutt'altra cosa. Fra tutte quella monumentale di Elias Canetti, genere in cui mi sono personalmente cimentato scrivendo  una sorta di autobiografia collettiva a otto mani che si intitola Per ricordarci- Storie di vita parallele , edito da Era Nuova, che racconta i dieci anni in cui Insieme agli altri autori che sono i miei amici con i quali  ho gestito un circolo culturale dell'ARCI. Cercare di entrare dentro la dinamica delle relazione e dei sentimenti che legavano Juliette a Marino e entrambi a Aldo Palazzeschi  è stato da parte di Lubrano un gran lavoro....il libro ha il merito di farli quasi ritornare in vita tanto è ...

Bruno Munari: Conservare lo spirito dell'infanzia

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Bruno Munari (1907-1998) «Conservare lo spirito dell’infanzia dentro di sé per tutta la vita vuol dire conservare la curiosità di conoscere, il piacere di capire, la voglia di comunicare» Bruno Munari

Albert Camus: La nobiltà dello scrittore

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  Albert Camus La nobiltà del mestiere dello scrittore è nel resistere all'oppressione, e quindi nell'accettare la solitudine. Albert Camus  

José Saramago: Cos'è la solitudine?

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José Saramago (1922-2010) «La solitudine non è vivere da soli, la solitudine è il non essere capaci di fare compagnia a qualcuno o a qualcosa che sta dentro di noi, la solitudine non è un albero in mezzo a una pianura dove ci sia solo lui, è la distanza tra la linfa profonda e la corteccia, tra la foglia e la radice». José Saramago

ELSA MORANTE: La conoscenza

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Elsa Morante Elsa Morante nsce a Roma  il 18agosto 1912  ed è stata scrittrice, saggista, poetessa, traduttrice . Muore a Roma il25 novembre 1985. Questa sua frase sulla "conoscenza è folgorante: Solo chi ama conosce. Povero chi non ama. Elsa Morante  da Alibi, Longanesi, Milano