Pietro A. Cavaleri: Il disagio di non essere capiti

Pietro A. Cavaleri
Come psicologo trascorro buona parte della mia giornata ad ascoltare persone che portano in sé il profondo disagio di non essere capiti e di non capire. Si tratta di coppie che non riescono più a risolvere i propri conflitti o a gestire quelli con i figli; di bambini che hanno paura di andare a scuola; di adolescenti che si barricano in casa perché temono il giudizio dei loro coetanei; di giovani che hanno il terrore di lasciare la propria famiglia di origine per sposarsi; di adulti che si sentono schiacciati dall'incertezza del futuro; di anziani resi terribilmente tristi da un mondo che prima apparteneva loro e che adesso cinicamente li emargina.
I molteplici volti del disagio sociale e della sofferenza mentale sembrano oggi avere in comune la medesima difficoltà a relazionarsi, a comunicare, a gestire il rapporto che ci lega agli altri. In questi ultimi anni si ha la netta impressione che nella società occidentale siano venute meno le "competenze relazionali" più elementari e scontate, quelle che riguardano la paziente attitudine all'ascolto, la capacità di mettersi nei panni dell'altro, la disponibilità a condividere e ad essere solidali.
Sono queste le "competenze" da cui dipendono non solo i nostri rapporti con gli altri, ma anche la nostra felicità personale, la nostra salute mentale, la nostra capacità di affrontare la realtà e di adattarci creativamente ad essa.
Pietro A. Cavaleri

da Pietro A. Cavaleri, Vivere con l'altro, Città Nuova Editrice, Roma

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