Raffaele Arigliani: Ogni alunno deve sentirsi amato senza condizioni

Raffaele Arigliani


Un docente della scuola dell'obbligo mi ha chiesto cosa ne penso del carico di lavoro finalizzato al superamento delle Prove INVALSI. Ho confessato di avere molte perplessità.
Educare ha la radice in educere, tirar fuori. Concetto che è opposto al "riempire di nozioni". Molti autori, tra cui Goleman, Brazelton e tanti altri hanno dimostrato come obiettivo dell'educazione sia lo sviluppo dell' intelligenza emotiva, quindi la
capacità di essere in contatto e gestire con equilibrio e generosità la propria dimensione emotiva e relazionale.

E' un "modo di essere" che si struttura in ragione di relazioni genitoriali e di accudimento da parte di tutti i Caregiver, che dovrebbero essere in grado di valorizzare le risorse individuali e fare sentire ogni persona "speciale", amata senza condizioni.
Altri studi sui tipi di intelligenza ne individuano, a seconda degli autori, 6 o 8, evidenziando soprattutto come esercitarsi nei diversi campi (ad esempio nel fare i conti, nel leggere, scrivere, fare sport, ecc..) attivi e costruisca specifiche reti neuronali in aree diverse del cervello.

Queste diverse aree cerebrali sono interconnesse e le une arricchiscono le altre (da ciò si comprende come gli studi umanistici possano sfornare ottimi ingegneri!).
Questa lunga premessa per dire qualcosa che non si può neppure più mettere in discussione: educare non è riempire di nozioni ma coltivare giorno per giorno il ragazzo in un rapporto di relazione attenta, accogliente, rispettosa, creativa.
Le Prove INVALSI andrebbero quindi viste come strumento di stimolo e non come fine. Ed ovviamente il senso profondo della scuola come fattore primario per la crescita globale dei ragazzi deve essere la bussola per orientare la didattica anche nella attuale emergenza.


Raffaele Arigliani

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