Giovedì Santo: Don Tonino Bello e la Chiesa col grembiule

Giotto: La lavanda dei piedi

Nel giovedì santo, insieme alla Cena del Signore, celebriamo l'atto di Gesù, che si alza da tavola, si toglie il mantello (sarebbe la giacca, per noi), si lega alla vita un grembiule, o un asciugamano per i piedi, versa acqua in un catino, lava i piedi dei suoi discepoli e li asciuga. È il lavoro abituale del servo, quando il suo padrone arriva da un viaggio.
Il Vangelo di Giovanni  non racconta l'ultima Cena, già raccontata negli altri Vangeli, ma racconta la lavatura dei piedi. Segno che, per Giovanni, questo gesto ha lo stesso valore del donarsi di Gesù nel pane e nel vino, come cibo di vita. Gesù si dona come umile servitore nostro. Pietro si scandalizza, non vorrebbe farsi servire dal Maestro, ma Gesù lo avverte: «Se non ti lasci lavare i piedi non sei con me. Quello che ora non capisci, lo capirai un giorno».  Ora noi cerchiamo di capirlo.
Giovanni comincia questo cap. 13 del suo Vangelo così: «Sapendo Gesù che era venuta la sua ora per passare da questo mondo al Padre, avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine, fino in fondo». Gesù dimostra la pienezza del suo amore in due modi: accettando di morire per fedeltà alla verità del Vangelo, e esprimendo, col lavare i piedi dei suoi amici,  l'umiltà e la concretezza del suo amore per noi.  
Don Tonino Bello volle sottolineare molto questo atto di Gesù. Era il Vescovo di Molfetta. Vescovo degli ultimi, e della pace, cioè per la vita dei flagellati dalle guerre.
Negli ultimi mesi della sua vita, (già malato di cancro, morì cinque mesi dopo, il 20 aprile 1993, nei giorni pasquali), nel dicembre 1992 andò pellegrino di pace a Sarajevo assediata e bombardata dalla guerra, insieme a cinquecento altri, giovani e vecchi, per tentare di essere portatori di pace dentro la guerra, vicini alla popolazione sotto le bombe. Il suo posto di Vescovo era tra gli ultimi dell'umanità, in quel momento.
Qualche anno prima, nella quaresima del 1988, dedicò tutti gli otto Scritti quaresimali … ai piedi! I piedi di Pietro, di Giuda, di Giovanni, di Bartolomeo, degli altri, i piedi del Risorto. Nulla di più basso e di più fondamentale dei piedi.
Riguardo a Pietro, don Tonino scriveva: «A furia di difendere la tesi del “primato” di Pietro, abbiamo perso di vista che egli è il capostipite di quell’”ultimato” di poveri verso cui Gesù ha sempre espresso un amore preferenziale». Primato e “ultimato”. «I piedi dei poveri sono il traguardo di ogni serio cammino spirituale» .
Come Gesù, don Tonino onora i piedi. I piedi degli ultimi, che Gesù chiede anche a noi di lavare, con gesto sacramentale, sono la mèta dell’elevazione spirituale: «Anche voi dovete lavarvi i piedi gli uni gli altri».  Sono le stesse parole dell'eucarestia: «Fate questo in memoria di me».
        L’immagine alto-basso, il basso che è il vero alto, è stata usata tante volte come metafora di una rivoluzione, del raddrizzamento di qualcosa che è capovolto, sbagliato. L’allusione è a tutte le gerarchie mondane, le potenze, gerarchie sconvolte da Gesù, l’Uomo mandato dall’Altissimo, abbassatosi come un servo ai piedi dei suoi poveri deboli amici, calpestato dalla coalizione dei poteri religioso e politico, risorto ad inaugurare da primogenito la posizione definitiva a cui ci chiama e conduce, eretti in piedi, col cuore in alto.
         Perciò, don Tonino Bello parlava della «chiesa del grembiule», vestita come Gesù dell'asciugamano dei piedi, non di piviali e casule e paramenti preziosi, e templi costosi. Gesù, nell'ultima cena e nell'ultima sera di quel giovedì, dà il suo modello di comunità ai discepoli, a noi: aiutarci l'un l'altro, servirci come possiamo, come sappiamo. Non ci sono chieste grandi opere. Cominciamo semplicemente, chinandoci fino ai piedi degli altri.

Enrico Peyretti







[ Scritti di Antonino Bello, vol. 2, p. 346, 345

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