Scuola: una riflessione sulla valutazione e sulle prove INVALSI

Cè un gran parlare oggi della riforma Giannini sulla nostra scuola. A favore o contro.  
Vogliamo soffermarci un attimo sulla valutazione e sulle prove INVALSI.
Intanto siamo molto contenti di sapere che esiste un vivo dibattito in corso e che in molte scuole c’è un giusto concetto della valutazione, e che si entra con delicatezza nel sistema valutativo, per favorire una progressiva maturazione dell’allievo senza troppi traumi.
Nelle nostra esperienza di insegnamento, anni importanti perché entravano a buon diritto i Decreti Delegati, non poca fatica abbiamo fatto per convincerci della bontà di una maggiore democratizzazione scolastica. 
Riteniamo, però, che la valutazione resta l’argomento più complesso, spinoso e controverso nel quale intervengono tanti fattori di carattere sociologico, psicologico, pedagogico, dove non è stato mai facile trovare unanimità.
Ci siamo spesso rifatti a Don Milani e alla Montessori perché  abbiamo condiviso i loro sforzi e i risultati della loro ricerca.
Quello che vorremmo sottolineare oggi, è la  non condivisione del tentativo implicito di trasformare la scuola "da comunità educante ad azienda” e di riportare un certo tecnicismo statistico  nel sistema valutativo.
Ci fu detto nel passato, da Ispettori e Dirigenti, che la valutazione era uno strumento da usare oculatamente, non quale strumento selettivo, ma come unica possibilità per noi docenti di conoscere realmente le capacità del ragazzo, e quindi  come un aiuto sostanziale per il nostro lavoro di educatori, onde predisporre nuove strategie e nuovi strumenti di apprendimento.
Le prove INVALSI per come sono vissute oggi, molto spesso sono tutt’altra cosa, in quanto da esse statisticamente si dovrà rilevare la bontà della nostra Scuola o del nostro Istituto.
Questo è a pare nostro una” violenza sociologica e pedagogica” che  diventa dannosa nel processo formativo dei ragazzi nella delicata età della scuola dell’obbligo. 
Non crediamo che sia un caso isolato il fatto  che molti bambini, di seconda e quinta elementare (le classi in cui ogni anno si propongono le prove Invalsi), volevano, nel giorno stabilito, non andare a scuola per la “paura” di non saper rispondere bene ai quesiti.
Come pure non possiamo dimenticare  che è stata una conquista immaginare e realizzare “una scuola per tutti e a misura di ciascuno”, una scuola che non faccia comparazioni tra gli alunni, che sottolinei le qualità e le diversità di ogni ragazzo, che rispetti il ritmo di apprendimento di ciascun bambino nella ricerca di strade nuove per il recupero degli svantaggiati.
Ci sembra che tutto questo sia completamente fuori dai criteri che hanno determinato la nascita delle Prove INVALSI.
Una Istituto di periferia che ha la maggior parte di ragazzi provenienti da fasce sociali deboli, con ritmi di apprendimenti lentissimi, con scarso allenamento ad esercitare la volontà, verrà classificata dopo le prove INVALSI come una scuola di basso livello! E’ giusto questo?
Ricordiamo l’esperienza di un Preside di periferia  in quale, dinanzi ad un ragazzo per il quale si proponeva la bocciatura, perché “non aveva VOLUTO far niente”  pose agli insegnanti questo interrogativo: “Quali strumenti e strategie didattiche avete messo in campo per  sollecitare la volontà di questo ragazzo? Non possiamo dimenticare che la volontà è una delle capacità fondamentali che deve essere sviluppata nei nostri ragazzi, e per la quale dobbiamo attrezzarci? Se avete valutato questa mancanza di volontà dovevate per questo ragazzo predisporre opportuni percorsi didattici, diversi da quelli predisposti per il resto della classe….” 
Se quella scuola avesse dovuto presentare  oggi le prove INVALSI, certamente si sarebbe trovata agli ultimi posti in classifica. Eppure era una scuola dove, per la grande responsabilità pedagogica di quel Preside, molti ragazzi di strada sono riusciti ad entrare nel sistema scolastico senza più abbandonarlo.
Il Ministro Giannini e il Premier Renzi, invece, affermano a voce alta che le prove INVALSI portano la SCUOLA ITALIANA in Europa e che sono quindi esse  strumento avanzato per un recupero della bontà scolastica del nostro sistema.
Alla loro voce ufficiale, chi ha invece sperimentato il contrario ha il diritto di esprimere il proprio dissenso, senza violenza,  ma con la ferma convinzione che solo nel confronto onesto e leale  si realizza il bene della Scuola e dei nostri alunni.


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