La fratellanza universale


Sappiamo bene che i migliori principi e le migliori leggi si basano sui loro rispettivi valori, e che questi vanno sostenuti dal consenso attivo di tutti, altrimenti restano lettera morta. La stessa Dichiarazione universale dei diritti umani, del 10 dicembre 1948, si autodefinisce come un “Ideale da raggiungere”, non essendo dotata di poteri coercitivi.

Faccio un esempio: l’art.1 della Dichiarazione universale dice: “Tutti gli esseri umani nascono liberi ed uguali, sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire fra loro in spirito di fratellanza”.

Questo è un caso evidente di diritti accettati ma largamente disattesi, in quanto i relativi valori e ideali non sono praticati sufficientemente.

Di quel libertà gode, infatti, quel miliardo di persone che non ha niente per nutrirsi, di quale uguaglianza chi ha meno di un dollaro al giorno rispetto a chi – e siamo noi occidentali – ne ha 70? Di quale ragione può servirsi chi non ha accesso ad alcun tipo di istruzione, come può essere libera la coscienza di chi è assalito dalla fame, dalla malattia senza assistenza medica, da vari tipi di schiavitù? Certo, può rivendicare i suoi diritti verso il proprio Stato, ma non otterrà nulla se lo Stato non funziona.

La Dichiarazione universale riprende, ad un secolo e mezzo dalla rivoluzione francese, il tema della fraternità, e parla nel preambolo di “famiglia umana” e all’art. 1 di fratellanza. Ciò significa che la fratellanza universale è un valore concreto.

Consideriamo quindi libertà (degli altri), uguaglianza (cogli altri) e fraternità (verso gli altri) come valori, come grandi idealità che, se da noi messe per quanto è possibile in pratica, possono maturare l’umanità tutta ed elevare la nostra personale condizione di esseri umani

Arnaldo Diana

Commenti

Anonimo ha detto…
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