Fortezza, carità e temperanza
Guerra nel Centroafrica |
Forza interiore, amore ed equilibrio sono
tre raccomandazioni essenziali, tre consigli di ieri e di oggi destinati ad
ogni persona che vuole vivere per la fraternità sia da solo che con altri amici.
Dobbiamo però ricordare che non sono i
talenti né le capacità né i limiti personali quelli che garantiscono o
rallentano il portare avanti gli ideali di fraternità, ma quei valori di fortezza, di carità e di temperanza
che assicurano la forza della testimonianza.
Anche noi, con timore di fronte alle
critiche e per il fatto di non sapere come affrontare certe difficoltà,
possiamo sperimentare la tentazione di scoraggiarci e smettere di vivere e
testimoniare secondo quello che ci indica la nostra coscienza.
Chiara
Lubich ci aiuta a capire dove possiamo attingere la forza in questi momenti,
quando dice che dobbiamo essere convinti degli ideali che sono dentro di noi. L’atteggiamento
che dovremo avere non sarà dunque quello di bloccarci e di rimanere in una rassegnazione
passiva, ma invece quello di buttarci fuori, allinearci con ciò che la voce
interiore ci chiede, rinsaldarci ai doveri ai quali siamo chiamati dai nostri
ideali di fraternità.
Fortezza,
carità e temperanza: tre virtù universali che si ottengono curando la
nostra interiorità e mettendole in pratica quotidianamente.
È questa la testimonianza di Justin Nari,
della Repubblica Centroafricana, quando è stato minacciato di morte insieme ai
suoi fratelli di comunità e a migliaia di musulmani che cercavano di liberarsi dalle
rappresaglie della guerra, rifugiandosi in chiesa. I capi delle milizie che li
assediavano, in parecchie occasioni avevano detto loro di arrendersi; lui però
aveva continuato a dialogare costantemente con loro, in modo da evitare una
strage. Un giorno si sono presentati con 40 litri di benzina e hanno minacciato
di bruciarli vivi se non consegnavano loro i musulmani. «Con i miei fratelli
di comunità mi sono ricordato delle parole di Chiara Lubich –racconta Justin–.
Cosa avrebbe fatto lei al mio posto? Sarebbe rimasta e avrebbe dato la vita.
E ciò abbiamo deciso di fare noi”. Sorprendentemente
squilla il telefono: l’esercito dell’Unione Africana era di passaggio per la
regione, in una città lì vicino. Justin
corre loro incontro e insieme sono tornati dove c’erano tutti. Mancavano
tredici minuti alla scadenza dell’ultimatum; tredici minuti che hanno salvato
la vita di tutti senza spargimento di sangue.
a cura del gruppo del Dialogo dell'Uruguay
Commenti