Martin Buber: Un giorno ricevetti una visita...
Martin Buber (1878-1965) |
Un giorno, dopo una mattinata di entusiasmo
“religioso”, ricevetti una visita di un giovane sconosciuto, senza essere
presente con l’anima.
Non trascurai nulla per rendere cordiale l’incontro,
non lo trattai con minore cura degli altri suoi coetanei che a quell’ora del
giorno osavano cercarmi come un oracolo con cui si può
parlare.
Attento e franco mi trattenni con lui: tralasciai
soltanto di indovinare le domande che non pose.
In seguito, non molto tempo dopo, sono venuto a
conoscenza di queste domande nel loro contenuto essenziale, da un suo amico: egli non era già più in vita.
Ho appreso che non era venuto da me per caso, ma per
destino; non era venuto da me per una chiacchierata, ma per una decisione; e proprio da me, proprio in quell’ora.
Che cosa ci aspettiamo quando, pur essendo disperati,
ci rechiamo da un uomo?
Sicuramente una presenza per mezzo della quale ci
venga detto che nonostante tutto il senso c’è.
Da allora ho abbandonato quella “religiosità” che è
solo eccezione, rapimento, distacco, estasi; o piuttosto, è stata lei ad
abbandonarmi.
Non posseggo niente di più del quotidiano, a cui non
vengo mai sottratto.
Il mistero non si schiude più, si è sottratto oppure
ha preso dimora qui, dove tutto accade come accade.
Non conosco più una pienezza, se non quella pienezza
di richieste e responsabilità di ogni ora mortale.
Sono molto distante dall’esserne all’altezza, e
tuttavia so che sono appellato nella richiesta di una risposta, e che posso
rispondere nella responsabilità, e so chi parla ed esige
risposta.
Non so molto di più. Se questa è religione, allora
essa è semplicemente tutto, il semplicemente tutto vissuto nella sua
possibilità di dialogo.
Martin Buber
da Martin Buber, Sul dialogo, buc, San Paolo 2013
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