GIUSEPPE LUPO: SCRIVO PER METTERE ORDINE DENTRO DI ME
Intervista a Giuseppe Lupo
Tra i giovani scrittori italiani Giuseppe Lupo è una delle voci più incisive della nostra letteratura. Affascinato dalla modernità e dalle trasformazioni antropologiche. ha guardato con attenzione la civiltà industriale e il mondo contemporaneo in tutte le sue sfaccettature, fermando lo sguardo sulle vicenda esistenziale dell'umanità più varia, entrando con grande capacità introspettiva negli ultimi decenni con i due ultimi romanzi Gli anni del nostro incanto e Breve storia del mio silenzio. Storie emblematiche segnate da malinconia e speranza, dove il soggetto predominante resta sempre la famiglia, fino ad ieri porto sicuro, ora invece segnata da evidenti crepe. Ma, pur nelle debolezze del presente, nulla è perduto per sempre. Giuseppe Lupo ci consegna pagine intrise di memoria evocativa e riabilitante, in un intreccio spesso iperbolico di quadri indimenticabili: racconti intensi, a tratti poetici che ci permettono di cogliere le voci segrete dei nostri territori esistenziali, in una narrazione "fluviale" che nel suo scorrere porta a valle ciottoli e pepite d'oro, punto di arrivo di ogni storia. "Vivere non è trasferirsi sulla scacchiera del tempo, ma sognare di tornare a casa e, in attesa di farlo, girare il mondo", continuando a scrivere.
Negli anni in cui ero studente all’università,
a Milano. Ci ero andato con l’idea non soltanto di studiare, ma di diventare
scrittore. Diciamo che il mio approdo a Milano aveva una motivazione di secondo
grado, perché Milano era per me la città dei libri e delle parole.
La ragione profonda è perché cerco
di mettere ordine dentro di me. Sono una persona interiormente disordinata e,
per pensare, devo camminare. Anche quando studio cammino. Scrivere è come camminare
sullo spazio di un foglio. Dunque scrivo perché ho l’illusione di organizzare
il mio tempo interiore. Dopo nove libri di narrativa ho un mio pubblico che mi
segue. Scrivo per chiunque voglia conoscere le storie che mi porto dentro o che
scopro affrontando la dimensione quotidiana del vivere.
Il mistero, le contraddizioni, le
debolezze, la capacità progettuale.
Sono affascinato dalla modernità
che si può manifestare attraverso l’irruzione degli elettrodomestici o delle
automobili (come ho raccontato negli Anni del nostro incanto) o attraverso
la cultura (come ho raccontato in Breve storia del mio silenzio). Però ho
raccontato anche le distanze geografiche, la solitudine della memoria, la
labirinticità dell’Appennino e la geometria della pianura Padana, la scoperta del
linguaggio, l’incontro delle religioni, l’epica della memoria personale e dell’immaginazione
collettiva.
Credo esista una lunghissima tradizione che assegna alla memoria
dell’infanzia la funzione di principio. Tutto ciò che siamo da adulti, da
grandi, lo dobbiamo a quel segmento di tempo che va da quando cominciamo a
ricordare a quando perdiamo l’incanto e l’innocenza.
Primeggia
nelle sue opere la memoria.
È la nostra carta di identità. Noi siamo memoria, il nostro
corpo è memoria, perfino le cicatrici sono memoria. E tuttavia viviamo
disperatamente nel combattersi della memoria con la dimenticanza.
Volgendo lo sguardo al passato, quali sono stati gli anni della sua formazione e quali i suoi maestri?
Ho avuto la fortuna di essere
figlio di maestri elementari e, nello specifico, di essere andato a scuola avendo
per maestra mia madre. Non sono mai riuscito a capire dove finisse la maestra e
cominciasse la mamma. Questo l’ho raccontato in Breve storia del mio
silenzio. Non sono mai entrato in conflitto con chiunque mi potesse
insegnare qualcosa. Con il tempo poi uno si sceglie i proprio maestri, li
individua in base ai propri orientamenti, in relazione alle aspettative che in
essi ripone.
I libri sono i figli: nessun padre dirà mai apertamente a chi è più affezionato.
Ritiene che la sua scrittura abbia subito negli anni delle trasformazioni?
Penso di sì, ma non tocca a me indicare
quali. I lettori sono i più attrezzati per farlo.
Quali sono state le più importanti trasformazioni del romanzo come genere?
È una domanda che presuppone un ragionamento
grande quanto il mondo. Penso che il romanzo, come genere letterario, subisca variazioni
in base al rapporto all’epoca con cui si confronta. E questo giustifica l’avvicendarsi
dei generi nel tempo. Nonostante questi cambiamenti, però, credo avesse ragione
Walter Benjamin quando indicava tre elementi costitutivi nell’esercizio di raccontare:
il racconto dell’agricoltore e il racconto del navigante, radunati entrambi nel
racconto dell’artigiano.
Tutti gli argomenti possono essere
urgenti. Il problema è come vengono raccontati.
Leggo troppi libri che vogliono
raccontare il mondo così com’è, con i quali però dissento. Penso che un libro abbia
l’obiettivo di raccontare il mondo come dovrebbe essere o come il suo autore vorrebbe
che fosse.
Che importanza dà nella sua vita personale e sociale al valore della pace?
Bene primario, ma va contestualizzato
in un “qui e ora”.
Dio, l'assoluto... una parola impegnativa?
È il mistero che accompagna la vita di ogni uomo, anche di chi
non crede. Ma è “il problema”, non la soluzione ai nostri problemi.
Si
può parlare di una società letteraria e, all'interno di essa, di un dialogo fra
scrittori?
Non penso esista più una società letteraria così come la si
intendeva nello scorso secolo. Tutto è ormai demandato alla liquidità dei rapporti
che si instaurano tramite social o la rete, perciò tutto divento poco
controllabile. C’è un proliferare di relazioni interpersonali, ma sono
relazioni con un tasso di normalità alterato.
Che
posto occupa nella sua vita il dialogo con chi la pensa diversamente.
Mi arricchisce e mi fa da stimolo.
Ci sarà un posto per la cultura in futuro?
Spero di sì, anche perché il covid19
ci ha insegnato che la competenza salva e l’incompetenza uccide. Spero che
questo aiuti a ripristinare un’idea di cultura intesa come progettualità,
dunque costruzione.
Oggi si tenta di mettere in discussione la visione della famiglia uomo-donna. Quale il suo pensiero?
Sono curioso su tutto e guardo alle
frontiere con grande interesse, però su questo tema resto dell’idea che è un
fatto naturale la distinzione tra i sessi.
La pandemia ha messo in crisi il sistema capitalistico. Quali i temi dell'economia che più l'affascinano oggi?
Mi piacerebbe pensare che sia percorribile l’ipotesi di un
capitalismo solidale, magari recuperando il senso del fare impresa come progetto
umano e non soltanto finanziario.
Oggi
a vari livelli la politica editoriale è in crisi…
Frequento il mondo editoriale da tempo e sono cosciente della
crisi strutturale. Una soluzione sarebbe quella di avvicinare alla lettura. Questo
risolverebbe molti problemi. Ma lettori non si nasce, si diventa. Ed è una
sfida che va ingaggiata fin dalle scuole elementari.
Purtroppo
la scuola oggi è in profonda crisi rispetto al dettato costituzionale di una
scuola che formi l'uomo e lo aiuti a rimuovere gli ostacoli frapposti da
situazioni di disagio e di sottocultura.
Il problema è progettuale: bisogna
capire a quale scopo l’istituzione scolastica debba rispondere. L’impressione è
che negli ultimi decenni si sia perduto il senso del fare scuola o, meglio, che
la scuola sia stata pensata per altro. I tempi però ci stanno portando a
maturare il bisogno di una scuola che, tradizionalmente, riproponga il valore
del conoscere e dello studiare.
Molti giovani oggi amano scrivere. Cosa direbbe loro?
Di leggere e di studiare in maniera
accanita tutto ciò che passa sotto gli occhi. Di non sentirsi mai appagati dei
risultati raggiunti. Di avere l’umiltà per cercare sempre di imparare. In un certo
senso il mio Breve storia del mio silenzio è anche una specie di manuale
per aspiranti scrittori.
Un mondo unito dalla fraternità è stato il sogno di uomini e donne ieri. Possiamo oggi continuare a coltivare questo sogno?
Dipende dal grado di cultura che
riusciremo a raggiungere e dal tipo di progettualità che riusciremo a
coltivare. Sentirci fratelli solo per obbedire a uno slogan serve poco. Bisogna
costruire le ragioni del dialogo, che passano dal riconoscimento dell’identità
e della diversità.
da www.cittanuova.it Homepage 20 gennaio 2021
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