Domenico Pisano: La speranza è Natale
Domenico Pisano |
Natale giunge sempre con
l’inverno. Non a caso. L’inverno a portare il freddo; Natale un tepore.
L’inverno a spegnere i colori; Natale ad accendere i falò. L’inverno ad
innevare le tristezze; Natale a dispiegare le attese. L’inverno a congelare il
silenzio; Natale ad abbracciare un canto. E’ come se il bene e il male, la luce
e il buio si presentassero insieme in una percezione lieve ed irta per una
lotta antica e moderna. Una naturale contraddizione di vita e morte, Natale e
inverno. Ebbene, questa è la recondita dimensione natalizia, offuscata da
un’idea sin troppo evanescente e retorica (o addirittura consumistica) di un
evento interiore, opportunità di humanitas, ridotto a balocco colorato. Natale
è nascita, sì. Bellissimo! Un inizio. Anche se accompagnato più da stucchevoli
zampogne che dall’armonia di un vagito; anche se immaginato più nella stasi di
pastori erranti che nel balbettio di gambine lattee. Natale è, invece, una
prenascita, il grembo materno, la preparazione alla vita. Di qui s’intuisce la
sua identità ovvero l’ipotesi della speranza sulla scienza del nichilismo. Al
di là di fedi religiose e di speculazioni filosofiche la speranza appartiene
all’anima e, quindi, all’uomo: il nichilismo al non uomo. La speranza è
l’occasione sublime per celebrare l’umano attraverso il metafisico, rendere il
metafisico umano. La speranza è Natale. Gesù, la capanna, i re magi, la stella
cometa sono una scrittura onesta di estrema meraviglia e bellezza. Non hanno
bisogno di calendari e verifiche. Sono oltre la data e la storia. Sono il
racconto della speranza. L’uomo, distratto e compromesso, non ha saputo
leggere, interpretare e ha ridotto la “foresta di simboli” ad arido deserto.
L’esperienza Covid lo ha reso ancor di più analfabeta e mediocre. Si è discusso
sull’orario della nascita di Gesù, al quale (pare) era concesso venire al mondo
solo a mezzanotte e solo a mezzanotte era possibile dedicare una funzione
religiosa. L’affetto e l’unione di una famiglia sono sacramente e solennemente
garantiti dalla tavola imbandita, dal vino rosso e dalla crapula. Da un
“ritrovarsi insieme” in nome di brindisi scaramantici, di sughi densi e di
pacchetti di regali, noncuranti di dovute regole di sicurezza. Si ricordano con
flaccide lacrime le filastrocche dei Babbo Natale e si dimenticano i numerosi
morti indifesi e soli del Covid. Non è questa la famiglia, se a tavola manca la
fratellanza; non è questo Natale se nel cuore manca l’amore. Natale non è oblio
né ipocrisia: non dimentichiamo di portarlo nei cartoni e sotto i ponti, nei
barconi e nelle carceri, nei “uasci” e nelle favelas. Natale non è luccichio e
perbenismo: spezziamolo come il pane e dividiamolo con chi è dannato e con chi
è assente. Il Covid dell’indifferenza da anni già si aggirava perfido,
contagiati noi asintomatici. Natale è speranza. La speranza è valle, bosco,
mare, cielo. La speranza è parola, eco, dialogo, sinfonia. La speranza è luce,
prisma, arcobaleno, sole. La speranza è una carezza, un abbraccio, un bacio,
una tenerezza. La speranza è Natale.
Domenico Pisano
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