Il Cardinale Sepe e la criminalità a Napoli
Si è aperto, il 16 dicembre 2010, l’anno speciale voluto dal Cardinale di Napoli Crescenzio Sepe per coinvolgere la Chiesa, la società civile e il mondo accademico in un progetto concreto di comunione e sinergia a favore di tutta la comunità. Riportiamo un brano della lettera pastorale che per l’occasione il Cardinale ha inviato a tutti i cittadini.
I cumuli di immondizia per strada, mentre segnalano la più grave delle emergenze in atto, confermano quell’emergenza complessiva che continua ad agire su tutti i fronti del disagio sociale. La sanità, la scuola, l’assistenza pubblica, i trasporti: tutta la complessa rete di servizi che formano il cuore pulsante della città appare lacerata in più punti. E’, infatti, la mancanza di una corretta giustizia sociale a mostrare le più gravi lesioni nelle nostre strutture. In questo senso, non c’era da attendersi i morsi aggiuntivi della crisi internazionale per identificare nel lavoro che manca il dramma dei drammi della città. Di qui l’insidia più grave per le famiglie, che sempre più si vedono costrette ad aprire le porte di casa a ogni forma di crisi: spesso è la perdita di lavoro dei padri o delle madri che va ad aggiungersi alla vana ricerca di occupazione dei figli.
Per una tragica beffa, sul nostro territorio l’offerta di “lavoro” può non mancare; ma è una micidiale “offerta” di morte; perché è appunto la morte che arruola facilmente nei lugubri eserciti della violenza e della criminalità, dalla cui spirale non esiste, il più delle volte, altra via d’uscita.
La violenza, organizzata e no, indicata alla maniera antica come camorra, o aggiornata nella versione più moderna di sistema, resta il primo e più malefico ostacolo, da rimuovere con ogni mezzo, come e più dell’immondizia per le strade. Essa è il vero cancro che può trascinare la nostra terra alla deriva. Ogni azione di rinascita e di risanamento non può che partire dal punto fermo di un “basta!” gridato in faccia a chi è disposto a svendere la sua dignità di uomo affidandola a mortificanti arnesi di morte.
Crescenzio Sepe
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