Amarsi l'un l'altro
Papa Francesco nella lavande dei piedi nel giovedì santo
Siamo nel momento dell’ultima
cena. Gesù, a mensa coi suoi discepoli, ha appena lavato loro i piedi. Di lì a
qualche ora verrà arrestato, condannato a morte, crocifisso. Quando il tempo si
fa breve e si avvicina la meta, si dicono le cose più importanti: si lascia il
“testamento”.
Il Vangelo ci parla della
lavanda dei piedi. Ed è a questa luce che va compreso il comandamento nuovo.
Gesù prima fa e poi insegna e per questo la sua parola ha autorevolezza. Il
principio di amare il prossimo è sempre stato presente, fin dai tempi antichi.
Ricorda “Ama il prossimo tuo come te stesso” nel Levitico. Ma Gesù ne mette in luce un aspetto
nuovo, la reciprocità: è l'amore vicendevole che crea e contraddistingue la
comunità dei discepoli.
Anche oggi le nostre associazioni e i nostri gruppi
possono distinguersi dagli altri proprio per l'amore reciproco che li anima. In
un ambiente dove la reciprocità è una realtà viva, si sperimenta il senso della
nostra esistenza, si trova la forza per andare avanti nei momenti di dolore e
di sofferenza, si è sostenuti nelle inevitabili difficoltà, si assapora la
gioia.
Ogni giorno affrontiamo molte sfide: pandemie,
polarizzazione, povertà, conflitti. Immaginiamo per un momento cosa accadrebbe
se riuscissimo a mettere in pratica questa IDEA nella nostra vita quotidiana:
ci troveremmo di fronte a nuove prospettive, il progetto dell'umanità si
aprirebbe davanti ai nostri occhi, una fonte di speranza. Ma chi ci impedisce
di riaccendere questa Vita in noi stessi e ravvivare intorno a noi rapporti di
fraternità che si estendano a coprire il mondo?
Marta è una giovane volontaria che assiste i detenuti
nel preparare gli esami
universitari. “La prima volta che sono entrata in carcere, ho incontrato
persone con paure e fragilità. Ho cercato di instaurare un rapporto prima
professionale, poi d’amicizia, fondato sul rispetto e sull’ascolto. Presto ho
capito che non ero solo io che aiutavo i carcerati, ma erano anche loro a
sostenermi. Una volta, mentre aiutavo uno studente per un esame, io ho perso
una persona della mia famiglia e lui ha avuto la conferma della condanna in
corte d’appello. Eravamo entrambi in condizioni pessime. Durante le lezioni vedevo
che lui covava dentro di sé un dolore grande, che è riuscito a confidarmi.
Portare insieme il peso di quel dolore, ci ha aiutato ad andare avanti. A esame
finito è venuto a ringraziarmi, dicendomi che senza di me non ce l’avrebbe
fatta. Se da un lato era finita una vita nella mia famiglia, dall’altro sentivo
di averne salvata un’altra. Ho capito che la reciprocità permette di creare
relazioni vere, d’amicizia e di rispetto”[1].
a cura el gruppo del dialogo dell'Uruguay
[1] Cf. http://www.unitedworldproject.org/workshop/unesperienza-al-di-la-delle-sbarre-relazioni-dicura-reciproca/
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