Massimo Cacciari: La felicità è di tutti o di nessuno
Quando potremmo chiamare felice lo stato della
nostra ragione?….Nel momento stesso in cui si vede la connessione tra tutti gli
enti, è impossibile non ricercare anche l’unità essenziale di ogni individuo
con l’altro, la prossimità che tutti
li collega. Non solo per utilità, per naturale amore di sé, dobbiamo allora
realizzare negli ordinamenti della città terrena l’unità del nostro genere, ma
perché ce lo impone la ragione stessa.
Il sapiente non può essere felice che perseguendo il
bene comune, e cioè il bene dell’altro, poiché così soltanto lo collega a sé,
come ha riconosciuto nel proprio pensiero la superiore unità di tutte le cose.
Non per qualche buon sentimento, o perché ce lo
impone qualche superiore Rivelazione, ma per la necessità intrinseca del
ragionamento, dovremmo concludere che essere felici significa essere come dèi
gli uni per gli altri, e che volere il male del prossimo, o invidiarlo, o anche
far da spettatori alle sue sofferenze senza agire per liberarlo da esse, significa condannare noi stessi all’infelicità. All’ignoranza e
all’infelicità.
Non vi può essere felicità “nascosta”, privata.
Se riuscissimo a comprenderlo e dunque a essere
felici, soddisfatti e contenti di sé, proprio nel liberare dalla infelicità, e
tanto più felici quanto più agenti lungo
questo cammino, il mondo non diventerebbe il Paradiso, ma cesserebbe certo di
assomigliare all’Inferno. Poiché è nella tragedia del mondo che dobbiamo saper
dire la Gioia.
Massimo Cacciari
Da Massimo Cacciari; Perché la felicità è di tutti o di
nessuno, La Repubblica 3 maggio 2017
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