Federico Fellini: SCONFIGGERE LA SOLITUDINE
Federico Fellini |
Il filosofo Emmanuel Mounier ha detto,
molto giustamente, che l’esperienza più
importante e originaria per aprire a qualsiasi prospettiva sociale è
l’esperienza comunitaria tra un uomo e un altro.
Intendo dire: per imparare la ricchezza
e la possibilità della vita sociale…è innanzitutto importante imparare a stare,
semplicemente, anche con un solo altro uomo: credo che questo sia il tirocinio d’ogni altra società e credo
che se non si risolve questa umile ma necessaria partenza, ci troveremo forse
domani di fronte a una società esteriormente bene organizzata, e pubblicamente
perfetta e senza peccato, nella quale però i rapporti privati, quelli tra uomo
e uomo, quelli tra le “persone” rimarrebbero rapporti di vuoto, di
indifferenza, di isolamento e di impenetrabilità.
Il nostro male, di noi uomini moderni, è
la solitudine, e questa incomincia assai in profondo, alle radici dell’essere,
e nessuna ubriacatura pubblica, nessuna sinfonia politica può presumere di
levarla tanto facilmente.
C’è invece, a mio avviso, tra persona e
persona, il modo di rompere questa solitudine, di far passare come “un
messaggio” tra l’una e l’altra, e di comprendere, dunque, di scoprire quasi , il legame profondo che
lega l’una all’altra. Il mio film La
strada, nel cercare la comunicazione soprannaturale e personalistica tra Zampanò e Gelsomina, che per la loro
natura appaiono apparentemente destinati
a non comprendersi mai, esprime coi mezzi del cinema una simile esperienza.
Da Il Contemporaneo, Roma, n.15, 9
aprile 1955
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