"La tirannia del progresso" di Francesco Gesualdi

Francesco Gesualdi, uno di quei ragazzi che sedeva dietro il tavolo scabro della vecchia canonica di don Milani nel Mugello, oggi fondatore e coordinatore del centro Nuovo Modello di  Vecchiano (Pisa) cominciò a scrivere Il mercante dell'acqua (Feltrinelli) trent’anni fa quando, operaio in una fabbrica, viveva sulla sua pelle lo sfruttamento aziendale. Ripreso più tardi tra le mani, e lavorandoci sopra con la figlia Michela e l’amico Carlo Buga, in una sorta di scrittura collettiva che gli ha fatto rivivere i tempi di Barbiana, il libro strizza l’occhio a quanti  avvertono la necessità di difendere questo bene prezioso che è l’acqua.
    Apparentemente un libro contro, “contro la siccità, contro la sete della terra, contro i mercanti d’acqua”; in realtà esso è  una grande metafora sulla condizione politica ed economica di oggi. Infatti il tema di fondo de Il mercante d’acqua  è quello della privatizzazione dei beni principali di consumo come l’acqua,  in un contesto dominato dalla “tirannia” del progresso che riduce spesso l’uomo esclusivamente a consumatore.
   Sergio, il protagonista, è un giovane di 20 anni che, lasciatasi alle spalle una società basata essenzialmente sull’avere, va la ricerca di un sistema di vita più naturale e confacente alle sue vere esigenze. Si accompagna, pertanto, ad un gruppo di pescatori e, scampato miracolosamente ad un naufragio, si ritrova sulla spiaggia dell’isola di Terra Secca. Viene accolto con premura e attenzione da una famiglia del posto che si preoccupa del suo inserimento nella comunità locale, non senza avergli prima raccomandato l’uso parsimonioso dell’acqua: “Sulla nostra isola la cosa più preziosa è l’acqua. Ce n’è poca e dobbiamo usarla con intelligenza.” Sergio è felice di incontrare persone con il sorriso sulle labbra, e trova gioia nel lavoro. Più delle cose a Terra Secca  contano le persone. “Ecco il segreto della felicità a Terra Secca: il rapporto di amicizia col tempo…Nel mondo che mi ero lasciato alle spalle le parole d’ordine erano più forte, più veloce, più alto. A Terra Secca erano più dolce, più lento, più profondo. Tre parole chiave per indicare una stile di vita ispirato a tenerezza, collaborazione, solidarietà, rispetto, dialogo. Il massimo della realizzazione umana”.
   Purtroppo un terribile giorno nell’isola arriva la siccità e con essa la speculazione di chi possiede pozzi ingenti. L’acqua viene privatizzata dal ricco e prepotente Melebù e gli abitanti, se vogliono dissetarsi, devono scendere a patti con lui. La popolazione perde la sua unità interna, si divide, si schiavizza al progresso. Nasce l’azienda, il mercato e tutto quanto Sergio aveva lasciato dietro di sé.
   Il racconto va avanti con colpi di scena, avventure, scontri…fino al giorno in cui   Sergio, insieme agli altri di Terra Secca, prenderà coscienza di quanto è avvenuto e si avvierà sulla strada faticosa del recupero di quanto è stato perduto, nella ritrovata consapevolezza che “la civiltà di una comunità si misura non in base al suo progresso tecnologico, ma al grado di solidarietà messo in atto per consentire a tutti di vivere dignitosamente”.


Commenti

annalisa ha detto…
bella recensione. Mi avete fatto venir voglia di leggere il libro.

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