"Non potrà esserci pace senza giustizia"
Guttuso, Pescatori a riposo, 1950 |
Penso
che ognuno di noi debba compiere uno sforzo e ragionare spostando l’orizzonte
oltre la cultura del dare che è una cultura oramai insufficiente. Nell’atto del
dono, comunque sia esso inteso, vi è implicita l’esistenza e la colpevole
accettazione di una condizione di bisogno. Mi chiedo se Paolo VI quando lanciò
il monito: Non potrà esserci pace senza
giustizia sociale, abbia pensato che questa si sarebbe potuta realizzare
con un semplice gesto di donazione, concessione o atto caritatevole? Io penso
di no. Il concetto di giustizia sociale implica un’equa e dignitosa
distribuzione delle risorse esistenti. Bisogna entrare nella logica che nessuno può rivendicare il superfluo quando
altri non hanno il necessario. Nessun uomo potrà essere felice nell’invocare
la carità, e vivere delle donazioni altrui. Molti, se costretti a tale misera
condizione, sono ovviamente portati a difendere la propria dignità lottando,
anche fino alle estreme conseguenze. Ispirati anche dalle parole del Papa non
possiamo che porci come obiettivo primario, prima ancora della fratellanza e
dell’amore verso l’altro, la giustizia sociale…Qual è il miglior dono che si
possa fare a chi è in condizione di bisogno? Dargli un piatto di minestra?
Regalargli un cappotto? Sì, bei gesti questi. Io penso però che il miglior dono
possibile sarebbe quello di lottare con lui per sottrarlo definitivamente
all’indigenza. Prendere coscienza che una diversa politica economica potrebbe
risolvere questa piaga dell’umanità, sarebbe già un bel passo, in quanto condizionerebbe
i nostri comportamenti.
Tito Labate
da Atti del corso di approfondimento per "amici del dialogo" Castelgandolfo 27 febbraio 2009
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