Perdonare: Sentimento o scelta?

 

Chiara Lubich (1920-2008) cittadina onoraria di Torino

Quante volte dobbiamo perdonare?

Non si tratta di perdonare una persona che offende continuamente, piuttosto di perdonare ripetutamente nel nostro cuore. Il perdono vero, quello che fa sentire liberi, di solito avviene  per gradi. Non è un sentimento, non è dimenticare: è la scelta saggia che la persona può fare, non solo quando l'offesa viene ripetuta, ma anche ogni volta che ritorna in mente. Per questo occorre perdonare ripetutamente.

Chiara Lubich ci ricorda che dobbiamo comportarci in questo modo in famiglia, sul lavoro, a scuola o nella propria comunità. Ha scritto: «Lo sai come spesso si vuole compensare con un atto, con una parola corrispondente, l'offesa subita. Sai come per diversità di carattere, o per nervosismo, o per altre cause, le mancanze di amore sono frequenti fra persone che vivono insieme. Ebbene ricordati che solo un atteggiamento di perdono, sempre rinnovato, può mantenere la pace e l'unità tra fratelli e sorelle. Avrai sempre la tendenza a pensare ai difetti dei tuoi fratelli, a ricordarti del loro passato, a volerli diversi da come sono… Occorre che tu faccia l'abitudine di vederli con occhi nuovi e nuovi loro stessi, accettandoli sempre e subito e fino in fondo, anche se non si pentono[1]».

Ci sono situazioni in cui non è facile perdonare, vicende che derivano da condizioni politiche, sociali, economiche in cui il perdono può assumere una dimensione comunitaria. Molti sono gli esempi di donne e uomini che sono riusciti a perdonare anche nei contesti più duri, aiutati dalla comunità che li ha sostenuti.

Osvaldo è colombiano. È stato minacciato di morte e ha visto uccidere suo fratello. Oggi è a capo di un'associazione contadina dove si occupa del recupero di persone che
erano state direttamente coinvolte nel conflitto armato del suo paese. "Sarebbe stato facile rispondere alla vendetta con altra violenza, ma ho detto di no", spiega Osvaldo. "Imparare
l'arte del perdono è molto, molto difficile, ma le armi o la guerra non sono mai un'opzione per trasformare la vita. La strada della trasformazione è un’altra, è poter toccare l’anima umana dell’altro e per fare questo non hai bisogno della superbia e di nessun potere: è necessaria l’umiltà che è la virtù più difficile da costruire”[2].


a cura del gruppo del dialogo dell'Uruguay



[1] C. Lubich, Parola di Vita ottobre 1981, in eadem, Parole di Vita, a cura di Fabio Ciardi (Opere di Chiara
Lubich 5; Città Nuova, Roma 2017), p. 219.

[2] Unità è il nome della pace: La strategia di Chiara Lubich, a cura di Maddalena Maltese, Città Nuova,
Roma, 2020, p.37.

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