DAVVERO LIBERI
Francois van Thuan (1928.2002) |
L'idea di questo mese ci può dare uno spunto di
riflessione su alcune delle difficoltà che possono sorgere nelle relazioni
interpersonali, soprattutto quando non ci si vuole fermare a una frequentazione
solo superficiale.
Da sempre, infatti, nei rapporti sociali esiste il
dilemma: privilegiare l'amicizia o la verità? Molto spesso la vita ci
presenta situazioni diverse che richiedono di fare delle scelte. Questo ci
porta a soffermarci sul concetto di libertà. Le dinamiche sono complesse: anche
in gruppi con esperienza consolidata di impegno e di reciprocità i cambiamenti
non sono mai indolori. Con l’aumentare della conoscenza reciproca si conoscono
meglio anche i limiti e i difetti delle persone, ma anche la “ruggine” di
consuetudini non sempre corrispondenti ai valori originari intorno ai quali ci
si era incontrati. Non si può escludere di trovarsi di fronte a comportamenti
persino poco etici, immorali o di abuso della fiducia altrui.
Altrettanto difficoltoso può essere il confronto con
opinioni nuove che mettono in discussione la tradizione: questo avviene anche
nei nostri gruppi e comunità, dove l'atteggiamento di accoglienza degli
"ultimi arrivati" può persino scandalizzare chi si ritiene migliore
degli altri o depositario di alcune verità indiscutibili.
Di fronte a questi dilemmi, una possibile soluzione,
forse l’unica davvero universale e autenticamente libera, è l'Amore: ci
permette di accogliere tutti e costruire rapporti con ognuno, sempre più
sinceri, di reciproca conoscenza e comprensione, fino a poter costruire anche
un rapporto di verità e giustizia.
È fondamentale avere un’attenzione disinteressata
verso il fratello debole, chi ha una coscienza fragile e poca conoscenza delle
cose, al fine di poter sperimentare insieme la fraternità.
Chiara Lubich, recuperando le radici più profonde
della sua ispirazione ci ricorda che a volte è meglio cedere le proprie idee
per mantenere il rapporto di unità, “poiché è meglio il meno perfetto in
accordo con gli altri, che il più perfetto in disaccordo”. Da una scelta
coraggiosa di vita, spesso anche dolorosa e apparentemente di incomprensibile
rinuncia alla propria libertà, possono nascere frutti inaspettati di rinnovamento
e di crescita.
L’esperienza del vescovo Franҫois van Thuân, che trascorse tredici anni in
prigione in Viet Nam, di cui nove in isolamento totale, testimonia che quando
l’amore è vero e disinteressato suscita in risposta ancora amore, persino moltiplicato.
Grande è stata la sua testimonianza: senza ribellarsi e
"semplicemente" continuando a vivere secondo l'Arte di Amare
("tutti", "sempre", "nel dolore",
"condividendo la vita e le preoccupazioni dell'altro", anche dei suoi
carcerieri) ha potuto trasformare persino la terribile situazione del carcere.
Durante la carcerazione egli venne affidato a cinque
guardie, ma presto i capi avevano deciso di sostituirle ogni due settimane con
un altro gruppo perché esse venivano “messe in crisi” nel profondo della
coscienza da van Thuân. Decisero alla fine di lasciare sempre le stesse,
altrimenti lui avrebbe “contaminato” tutti i poliziotti del carcere. Così lui
stesso racconta: «All’inizio le guardie non parlavano con me. Rispondevano
solo sì e no. [...]Una notte mi è venuto un pensiero: “Franҫois, tu sei ancora
molto ricco, hai l’amore (...) nel tuo cuore; amali (...)”. L’indomani ho
cominciato a voler loro ancora più bene (...) sorridendo, scambiando con loro
parole gentili. […] Pian piano siamo diventati amici»
In prigione realizzerà con l’aiuto nascosto dei suoi
carcerieri una croce che porterà al collo fino alla morte, simbolo
dell’amicizia nata con loro. Alcuni pezzetti di legno e una catenella di ferro:
tutto quello che aveva.
a cura del gruppo del dialogo dell'Uruguay
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