A casa con gli immigrati


Ogni sabato o giorno di festa suonava il campanello e le porte di case si aprivano per accogliere  non un extracomunitario ma Erion, Sonia, Achmed, Badan e la lista potrebbe continuare….Un giorno è arrivato Xin Jun, un ragazzo cinese della mia età  cacciato di cassa dal padre. Lo abbiamo accolto in casa e fui io a lasciare  il mio letto e la mia camera, per andare a dormire in salotto, così lui e mio fratello potevano stare  nella stessa stanza.
Fuori di casa, i miei compagni di scuola o gli amici non vedevano bene questa apertura della mia famiglia e spesso discutevano con me dicendomi che ero un tipo strano. Ma sentivano che dentro di me nasceva un’apertura nuova, una visione diversa delle cose, che spesso loro non capivano.
A Natale la tavola era apparecchiata per 17 persone, 7 noi compresa la nonna, mentre gli altri erano tutti extracomunitari..
Mi ricordo che stavo aiutando in cucina, un po’ svogliatamente, quando mamma mi dice: “Gabriele  fallo per me  come se fosse il mio regalo per il Natale."
Alla fine della giornata sono stato io a ringraziare la mamma perché mi aveva  aiutato a capire che anche quelle persone erano la mia famiglia, i miei fratelli, che non venivano a casa per mangiare o avere dei “vantaggi”, ma per condividere quel calore che avevano lasciato nei loro paesi dove vivevano le loro famiglie.


Gabriele Bresci

da Dialogo su coscienza e povertà . Atti del Convegno, Castelgandolfo

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