Viaggi di istruzione: se ne parla troppo poco.
Dopo la tragica morte dell’alunno diciassettenne Elia
Barbetti, in viaggio di istruzione a Milano in visita all’EXPO, molti interrogativi
si pongono sulle modalità e sull'attuazione di tali viaggi.
Possiamo senz’altro dire che, oggi, non esistono le
condizioni strutturali e psicologiche per affrontare un "viaggio di
istruzione" con ragazzi che, il più delle volte, non amano il viaggio in
quanto "viaggio di istruzione", ma essenzialmente come un momento di
evasione nel migliore dei casi, oppure come un momento di trasgressione in
molti altri.
Occorrerebbe pertanto per ogni viaggio, in ogni scuola,
interpellare una equipe psicopedagogica che prepari preventivamente tale
viaggio e si renda conto se quel gruppo di ragazzi è in grado di affrontare in
maniera adeguata un tale viaggio.
Inoltre è assurdo pretendere responsabilità dai docenti, i
quali con le migliori intenzioni non sono umanamente nelle condizioni di controllare
da soli un gruppo classe animoso e in forte eccitazione, soprattutto di notte.
Un tempo era forse possibile, oggi no.
Il problema è diventato pertanto molto complesso e, visto i
recenti casi di alunni tragicamente morti nelle gite scolastiche, esso va
radicalmente ripensato.
E' completamente inutile portare una classe a visitare il
Duomo o il Colosseo, il Monte Bianco, o la città di Recanati se questi luoghi
non rappresentano gli interessi culturali dei ragazzi.
Ogni viaggio andrebbe pertanto finalizzato ad obiettivi ben
definiti e offerto solo a quei ragazzi che mostrano un serio interesse per
quell'obiettivo e del quale abbiano già preparato le fasi di attuazione, con il
raggiungimento di obiettivi intermedi. di conoscenza.
Quindi viaggi per gruppi non numerosi, di interesse
specifico, con la presenza di esperti
Diversamente sono gite e per le gite oggi non si possiedono
strumenti e personale adeguato per offrire un opportuno controllo onde evitare
tragedie..
Certo
questi spunti a caldo andrebbero inseriti
in una riflessione più ampia. La Scuola e le famiglie dovrebbero andare a fondo
su questo aspetto.
Evidenziamo
solo che, nella maggior parte delle nostre città, non esistono più spazi pubblici di socializzazione
per i ragazzi, dunque c'è una totale disabitudine a stare
"fisicamente" insieme usando questo tempo per la comunicazione.
Forse
la Scuola dovrebbe aprire di più i suoi spazi a questo, anche in orari extra
scolastici, favorendo la comunicazione e la collaborazione non vincolate
al rendimento scolastico.
Purtroppo
non ci sono fondi per tenere aperta gli istituti scolastici col personale
necessario (un bidello e un insegnante).
Questa
è la situazione generale. E sempre di
più i ragazzi, dopo l'orario scolastico, si rinchiudono in attività
individuali, di comunicazione virtuale, ed è naturale che in occasione di una
gita scolastica esplodano!
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