"In quell'aula di Montecitorio funestata di odio"
Igino Giordani (1894-1980) |
Nel 1954 in un Parlamento rissoso, con le parti politiche fortemente contrapposte e in un clima di guerra fredda, Igino Giordani, parlamentare della DC e Padre della Costituzione, parlà di pace nazionale ed internazionale. La lettera che pubblichiamo è di Gino Lubich, all'epoca giornalista dell'Unità.
«Caro, carissimo Giordani, ho
appena letto il riassunto del tuo magnifico discorso nelle pagine de L'Unità.
Scusami se prendo questo foglio di carta dozzinale - è il primo che mi capita
sottomano - per scriverti subito tutta la mia gioia, la mia commozione, la mia
gratitudine.
Sicuro, la mia gratitudine di uomo, di italiano, di amico, per te
che - non della mia parte - ti sei alzato coraggiosamente in piedi, in
quell'aula di Montecitorio da troppi anni funestata di odio, per dire solo
parole di saggezza, di comprensione, di fratellanza, parole d'amore per tutti,
per la salvezza del nostro Paese, per la salvezza di tutti i Paesi dalla
catastrofe di una terza guerra mondiale. Avevo seguito con ansia il tuo
colloquio con il compagne Ulisse [nome di battaglia di Davide Lajolo).
Con
ansia, perché mi sembrava un sogno troppo bello per poter durare. Era troppo
tempo che ci si rispondeva solo ad insulti o a sghignazzate, perché io potessi
riabituarmi alla possibilità di uno scambio d'idee, che pur credevo assolutamente
necessario per salvare tutti dal baratro dell'odio e della pazzia.
Il colloquio filò, i punti
d'attrito vennero lasciati da parte, con tutta la buona volontà e con la
massima onestà d'intenti, da te e da Ulisse. Fu possibile così intravedere -
finalmente! — quei punti sui quali si può, anzi si deve, essere d'accordo.
Oggi tu hai parlato alla
Camera.
Ho letto — te lo confesso, ma non dirlo a nessuno, con lo lacrime agli
occhi e un groppo alla gola grosso cosi - che per la prima volta tutta
l'assemblea ha applaudito. Ha applaudito te. Giordani caro, tutta l'assemblea perché
hai detto parole buone e giuste e sante, parole che hanno rotto l'atmosfera
dell'odio, della diffidenza preconcetta e assurda, della rivalità.
Parole? Non
solo parole. Col tuo gesto coraggioso hai spazzato dalla torre la babele delle
lingue e (tutti t'hanno compreso e a tutti hai indicato che una strada c'è
ancora per salvare il Paese dalla catastrofe; si riprenda il dialogo
all'interno, ci si parli vicendevolmente con onestà d'intenti, non si cerchi
nelle parole dell’avversario quello che «potrebbero nascondere», non si
facciano più processi alle intenzioni. L’Italia assuma in Europa il ruolo
nobilissimo di mediatrice di pace.
Grazie, Giordani, grazie a nome di
milioni di uomini semplici come chi ti scrive, decisi a lottare con tutte le
loro forze perché una nuova catastrofe non si abbatta più sul nostro popolo,
sulle nostre case, sulle nostre famiglie. Possa la storia d'Italia segnare
questa data fra le determinanti di questo dopoguerra. Possa da oggi sorgere un
nuovo giorno in cui sia possibile ancora, fra tutti, guardarci negli occhi e
chiamarci fratelli nella grande battaglia comune per la difesa della pace».
Gino Lubich
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